Uno Spirito al femminile

Paolo Squizzato

Anche se sappiamo che Dio (ancora maschile) non ha genere, non è cioè né maschio né femmina, da sempre (o meglio da quando si è passati dalla venerazione della dea-madre al dio degli eserciti, circa 10 mila anni fa) l’immaginario collettivo lo pensa al maschile, con tutte le conseguenze del caso, non ultima quella sottolineata dalla teologa americana Judith van Osdol: ‘L’aver concepito un dio maschio ha dato di fatto il potere al maschio di sentirsi dio’.

Nella festa di Pentecoste, sulla scorta di un pensiero di Willigis Jäger, mi domando cosa sarebbe successo avessimo immaginato, pensato, pregato lo ‘Spirito Santo’ al femminile, invocandola magari come ‘Spirita Santa’.

D’altra parte nella sua lingua Gesù di Nazareth per indicare lo Spirito usa ‘rùach’, femminile. E femminili son tutti i più profondi moti dell’animo di Gesù mossi proprio da questo soffio vitale: compassione, senso materno, intimità, calore, sensibilità, bellezza, ascolto, accoglienza, fecondità, dono.

Aver mascolinizzato il Mistero ha reso tutto più concettuale e distaccato, cerebrale e in ultima analisi indifferente.

Recuperare la dimensione femminile del divino, e in particolare dello Spirito ci aiuterebbe a riscoprire il potere dell’energia femminile che ci abita, di cui siamo tempio, come dice Paolo (1Cor 6, 19), come quell’azione/archetipo che ha mosso Gesù, con tutte le caratteristiche espresse sopra.

E di tale energia femminile oggi ne abbiamo immensamente bisogno a tutti i livelli, da diffondersi come un balsamo sulle ferite provocate per lo più dall’archetipo maschile del guerriero.

Jäger ricorda che in una cappellina gotica a Urschalling, alta Baviera, c’è un affresco che rappresenta lo Spirito Santo in sembianze femminili mentre esce dalle pieghe delle vesti del Padre e del Figlio. Molto bello.


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