Ascensione del Signore anno B

At 1,1-11 Sal 46 Ef 4,1-13 Mc 16,15-20

Andate e proclamate il Vangelo” (Mc 16,15) Gesù lo dice anche a noi: “andate e proclamate”, a noi come agli undici, a noi che, più degli undici, siamo gli increduli, i dubbiosi, gli incerti, totalmente imperfetti…

Ma Signore, chi potrà mai credere al nostro annuncio? “Non per le vostre parole o per le vostre opere buone arriveranno a credere, ma a Me crederanno: perché sono io che agirò insieme a voi, sono io che confermerò con segni la mia Parola”. E così “partirono e predicarono dappertutto mentre il Signore agiva insieme con loro” (Mc 16,20).

Il Vangelo finisce con quel “partirono” e “predicarono”: ce la faranno? Ce la faremo? Come i discepoli, anche noi accettiamo e confessiamo tutti i nostri dubbi e tutte le nostre incertezze: “Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?” (At 1,6).

Che è un po’ come chiedere: “Davvero affidi al nostro andare e predicare la costruzione del tuo Regno? Davvero siamo noi quelli che costruiranno il tuo regno? Noi che ogni giorno ti abbandoniamo, ti malediciamo, ti bestemmiamo e ti crocifiggiamo con le nostre infedeltà?”

La risposta nelle nitide parole di Gesù che ci dice: “Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere…” (At 1,7). Gesù ci conosce bene, sa come siamo fatti, e non ci chiede di cambiare il mondo: ci chiede solo di raccontare Gesù, proclamare il kerigma, essere testimoni (At 1,8).  Ci dice che a costruire il regno ci pensa il Padre.

Ci sono stati periodi nella storia nei quali i cristiani erano convinti di dover convertire il mondo. Costi quel che costa. Anche con le armi. Anche con la violenza: il battesimo oppure la morte a fil di spada.

Ci sono stati periodi nella storia nei quali i cristiani erano convinti di dover convertire il mondo conquistando un regno fatto di terre e confini, fatto di chiese maestose come regge, fatto di arredi sontuosi e di paludamenti dorati, fatto di cerimonie sfarzose, e di troni per vescovi principi e piazze gremite di folle osannanti eccetera eccetera…

Ci sono stati periodi nella storia nei quali i cristiani erano convinti di dover convertire il mondo. Anche con le leggi. E con condanne e pene da scontare e prigioni per chi trasgredisce le leggi. Erano convinti di convertire il mondo con leggi statali che impongono e rendono obbligatori comportamenti “cristiani”. Non è questo che ci chiede Gesù. Gesù ci chiede solo di testimoniare.  A costruire il regno ci pensa il Padre.

Gesù non ha detto che i suoi discepoli riusciranno a portare la pace nel mondo, a instaurare il nuovo ordine mondiale di giustizia e libertà, non ha promesso che la predicazione del vangelo avrebbe riportato il paradiso terrestre, non ha promesso la conversione di tutti i paesi e di tutti i popoli: a costruire il regno ci pensa il Padre.…

Il Vangelo finisce con quel “partirono” e “predicarono” e con il Signore che “agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni (σημεῖον)” (Mc 16,20). Ed essi andarono, e lungo il cammino della loro vita cacciarono demoni. Quei demoni che calpestano il diritto alla vita degli ultimi: dei poveri, delle vedove, degli orfani, dei senza voce, degli stranieri, dei fuggiaschi, dei migranti, delle vittime della guerra, degli esuli… Combattere contro questi demoni è un segno (σημεῖον), un segno portentoso, qualcosa che va oltre il senso naturale delle cose, va oltre il corso comune della natura… 

Ed essi andarono, e lungo il cammino della loro vita parlarono lingue nuove, e anche oggi la Chiesa in missione incrocia lingue e culture e ideologie e generazioni e trasformazioni sociali, e anche oggi la Chiesa a tutte le attese, a tutte le aspirazioni, a tutti i giudizi, a tutti i desideri degli uomini continua a portare la Parola di vita, la parola che difende la vita. Anche questo confrontarsi con culture nuove non con formule dogmatiche definite una volta per tutte, ma con linguaggi sempre nuovi per incrociare il mondo che cambia, anche questo è un segno (σημεῖον), un segno insolito e portentoso, qualcosa che va oltre il limite naturale delle cose, va oltre il corso comune della natura… 

Ed essi andarono e camminarono e ancora oggi camminano su scorpioni e prendono in mano serpenti e vivono in mezzo a veleni mortiferi esposti sempre al rischio di contaminazioni tossiche: non sono fuori dal mondo, sono nel mondo, sono pecore in mezzo a lupi, eppure anche questo proporsi come antidoto a veleni mortiferi con parole e con azioni che invece donano vita è un segno (σημεῖον), un segno insolito e portentoso che va oltre il limite naturale delle cose, va oltre il corso comune della natura… 

Ed essi andarono, e lungo il cammino della loro vita toccarono con mano tutte le infermità e debolezze della creatura umana e se ne presero cura per migliorare la vita a sani ed ammalati. E anche questo è certo un segno portentoso, qualcosa che va oltre il senso naturale delle cose, va oltre il corso comune della natura.

Questi sono i segni (σημεῖον) che accompagnano quelli che credono (Mc 16,17.20): segni insoliti e portentosi, ma non chiamiamoli miracoli; segni: cioè testimonianze, azioni di vita cristiana; segni come vessilli o come sigilli che distinguono quelli che si fidano di Gesù e li rendono riconoscibili in mezzo a tutti gli altri…

Giovanni Colpo


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