Tu mi scruti e mi conosci

Ludwig Monti

Come valutare questa conoscenza penetrante da parte del Signore? Essa è invocata dal credente: «Scruta il mio cuore, visitalo nella notte, raffinami al fuoco: non troverai nulla» (Sal 17,3). Ma sappiamo come talvolta questa presenza possa suscitare fastidio: è l’immagine del Dio “spione”, “poliziotto”, in agguato per castigarci… La sua conoscenza è insopportabile? La sua presenza un tormento (cf. Gb 7,17-19)? 

Ci sono momenti della vita in cui prevale tale impressione. Allora siamo tentati di scappare il più lontano possibile da lui, come il figlio minore della parabola di Gesù (cf. Lc 15,12- 13). Occorre assumere questi momenti di ribellione, all’interno però di una diversa immagine di Dio. Se Dio ci conosce così, è perché ci ama: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io non ti dimenticherò mai» (Is 49,15). Come non rallegrarsi di essere conosciuti e amati da lui? 

Tale confessione viene dopo la prima delle polarità del salmo: «Tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo» (v. 2). Così si entra nel dialogo con colui che discerne il nostro camminare e il nostro riposare (v. 3a). Del Signore si può dire che tutte le nostre vie gli sono familiari (v. 3b), perché è abituato a esse, al punto da sperimentarle in Cristo. Se prevede le nostre vie, non è per schiacciarci, ma perché si comporta come chi è più esperto verso chi deve ancora scontrarsi con le asperità del reale: vede venire da lontano ciò che toccherà all’altro, ma lo lascia libero di percorrere queste vie… 

«La parola non è ancora sulla mia lingua, ed ecco, Signore, già la conosci tutta» (v. 4). Splendida la parafrasi del Targum: «Quando non c’è parola sulla mia lingua, ecco, Signore, tu hai conosciuto tutto il mio corpo». Il nostro corpo parla ben più delle sole nostre labbra; da esso escono parole rivolte al Signore e agli altri… 

«Di dietro e davanti mi stringi e poni su di me la tua mano» (v. 5). Il Signore ci visita con la sua mano per proteggerci (cf. Es 32,31-33). A volte però la sua mano pesa: «Allontana da me la tua mano!» (Gb 13,21).

Forse non siamo pronti ad accogliere il suo benedicente posare la mano sul nostro capo: basta riconoscerlo, ritraendoci fino a quando non giungeranno tempi migliori. Tempi qui brevi; a distanza di pochi versetti, infatti, ritorna la mano del Signore (v. 10), sicché è possibile confessare: «Sono come un uomo che fugge dalla tua mano verso la tua mano» (Ibn Ezra). Non per paura, ma come quando ci allontaniamo dalla persona amata sdegnati, per poi anelare il ritorno a lei. 


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