Giuseppe, il giusto (2)

Frédéric Nanns

Bisogna rimettere la figura di Giuseppe all’interno del giudaismo ellenizzato del primo secolo che le fonti rabbiniche e l’archeologia ci permettono di conoscere.

Luca e Matteo hanno inaugurato una riflessione teologica che rilegge la vocazione di Myriam e di Giuseppe. Ma queste due riflessioni teologiche riposano su una realtà storica che non si può negare. Luca e Matteo non si contraddicono, ma si completano. Non si tratta di scrivere una armonia evangelica al modo di Tatiano, ma piuttosto di fare una lettura polifonica dei testi.

Il Vangelo dell’infanzia ci viene presentato da Matteo in maniera drammatica. Gesù nasce ed Erode ordina l’uccisione di tutti i bambini di Betlemme, la famiglia deve fuggire il Egitto. Il racconto di Luca presenta un’atmosfera differente. Gesù nasce e non solo la famiglia non fugge, ma addirittura va nella tana del lupo: va a Gerusalemme, al Tempio a presentare Gesù.

Perché queste differenze? Il messaggio che gli evangelisti presentano è identico, e si può sintetizzare in una parola: l’amore universale di Dio. Le forme e le formule con le quali questo messaggio viene trasmesso sono differenze che dipendono e dallo stile letterario e dal piano teologico dell’evangelista.

Mentre Matteo si rivolge a una comunità dei giudei, Luca ha un respiro diverso. Quando Luca ricorda che «il loro posto non era nella sala comune» (kataluma 2, 7) pensa alla disposizione delle case antiche che avevano una grande sala sotto la quale le bestie erano alloggiate perché riscaldavano la casa. Una mangiatoia aveva lì il suo posto.

Una donna incinta non poteva stare nella sala comune per motivi di purità rituale. Doveva ritirarsi per quaranta giorni per non dare fastidio a tutti quelli che abitavano nella casa. I Vangeli pur contenendo elementi storici non sono una cronaca, ma una teologia. Fanno appello al genere letterario del midrash cristiano. Il midrash, rilettura teologica della Scrittura, suppone una base storica, altrimenti non sarebbe più un midrash, ma una pura fantasia.

La contemplazione del mistero del Figlio di Dio fu per Giuseppe e Myriam il centro dell’esistenza coniugale. La preoccupazione del Regno di Dio è stata capace di integrare le forze dell’affettività.

La vita di Giuseppe era centrata sul servizio di Myriam e del suo figlio Gesù. La sua grandezza, il primo formatore di Gesù, è di rimandare a Cristo. Non conosciamo una sua parola. È il santo del silenzio. Il giudaismo non è ortodossia, ma ortoprassi. L’albero si riconosce dai frutti che dà.


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