XXIII domenica del T.O. anno C

Sap 9,13-18; Sal 89; Fm 1,9-10.12-17; Lc 14,25-33
Iniziamo il commento delle letture di questa domenica dall’ultima riga evangelica: “Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.” Dopo aver fatto riflettere su “primo/ultimo”, oggi riflettiamo sulla proposta radicale che Gesù si pone davanti: il tutto.

Gesù non ci fa fare una scelta nel vuoto, ma chiede di farne una ponderata, una della rinuncia; nelle nostre scelte non siamo mai soli, sia per il sì sia per il no, perché abbiamo sempre chi può suggerire la scelta ponderata, ma che tocca ugualmente a noi stessi dare la risposta definitiva.

Notiamo come in questo particolare passaggio colui che si pone alla sequela di Cristo non è più un “diventare” ma un “presente”, che opera già in questo momento ossia non ha più bisogno di aspettare il futuro, ma chiede al discepolo di agire subito in questo momento, come quando afferma: “colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.”

La pagina evangelica è attraversata da un ritornello, ripetuto tre volte, “non può essere mio discepolo“, attraverso tre quadri successivi che delinea il suo discepolo.

Il primo quadro si apre con una parola scandalosa: “odiare”; bisogna troncare con un taglio netto tutti i legami col passato, bisogna odiare padre, madre, moglie, e persino se stessi. Il linguaggio biblico in molti ambiti del vissuto si esprime per antitesi aperta (“nessun servo può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro...”); è come se tutto fosse diviso in due parti, non c’è la terza via. O si ama o si odia.

In occidente siamo più flessibili, accomodanti, proponiamo la terza via: tra l’amore e l’odio c’è posto per l’antipatia, l’indifferenza, la simpatia… anche nei sentimenti non si adotta la rigidità.

Vediamo il secondo quadro che ha al centro la croce. La croce si stampa su tutte le nostre giornate della vita; la via crucis non dura solo il primo pomeriggio del venerdì santo, Gesù è in agonia sino alla fine dei secoli… come per dire che la perfezione si raggiunge con l’impegno, la sofferenza, la persistenza,

Ed eccoci al terzo quadro, che contiene le due parabole: quella della costruzione della torre e i piani per fare una guerra. Il senso immediato delle due parabole ricalca quello della prima scena: l’impresa di seguire Gesù è difficile, non la si può affrontare con leggerezza e superficialità, è una scelta ponderata e ragionata.

L’amore radicale per il Regno, la croce da portare, la rinuncia agli averi: ecco tre lineamenti fondamentali del discepolo di Cristo. Non soffermiamoci sulle difficoltà che rappresentano le parole, ma poniamo l’accento sul verbo principale, ossia diventare discepolo.

Il centro focale delle parole di Gesù non è sulla rinuncia, ma sulla conquista, non sul punto di partenza, ma sulla mèta da raggiungere, testimoni e imitatori di Cristo: “io non sono/ ancora e mai/ il Cristo, /ma io sono questa/ infinita possibilità.” (D. M. Turoldo).

La nostra vita ci pone la scelta di scegliere o essere scelto, ossia avere il coraggio del “tutto umano” con cui rinnegare Cristo per vivere la comodità del mondo, oppure rinunciare a tutto del mondo per amare radicalmente la sequela di Cristo, e avere l’amore eterno.

Tratto dal sito: http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/57402.html


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