Dispersione provvidenziale

Beniamino Pizziol

La dispersione dei discepoli di Gesù, dopo la lapidazione di Stefano, si rivelò provvidenziale: la chiesa si sentì missionaria. Tuttavia alla comunità cristiana, quindi, si presentò subito una questione di capitale importanza: ammettere o no i pagani alla fede e a quali condizioni; erano tenuti a seguire le prescrizioni vigenti tra gli ebrei riguardo al cibo o alla circoncisione?

In effetti i discepoli che erano a Gerusalemme fuggirono dalla città e cominciarono ad annunciare il Vangelo a Cipro, a Cirene e ad Antiochia in Siria. Dapprima si erano rivolti ai giudei, ma poi anche ai pagani. Il libro degli Atti riporta l’episodio del centurione romano Cornelio che manda a chiamare Pietro (At 11,1-18).

In questo caso è evidente il processo di cambiamento di Pietro; davanti all’invito del Signore a mangiare ogni sorta di cibo egli esclama: Non sia mai Signore, poiché nulla di profano e di impuro è mai entrato nella mia bocca. Ma alla sua risposta: Quello che Dio ha purificato, tu non considerarlo profano, Pietro entrato nella casa del pagano.

Quando sta cominciando a parlare: lo Spirito santo discese su di loro come in principio era disceso su di noi. Di fronte a questo racconto la comunità si convince e accetta dicendo: Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita.

Soprattutto ad Antiochia si creò un clima molto aperto da parte di coloro che provenivano dal paganesimo (At 11.19-26).e molto flessibile quanto alle usanze dei giudei. Quindi viene mandato presso di loro un personaggio importante, Barnaba, originario di Cipro, Era quel discepolo che aveva venduto un campo ponendo il ricavato a disposizione degli Apostoli (At 4, 36-37).

Quando Barnaba giunse ad Antiochia vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare fedeli al Signore. Qui per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani.

Anche la comunità cristiana di oggi dovrebbe imitare quella di Antiochia ed essere più missionaria, più aperta a quello di bello, di buono e di giusto che è in ogni cultura. Una valida esperienza si è fatta con il Concilio Vaticano II, con l’uso della lingua volgare, con l’assegnazione alle Conferenze Episcopali di adattamenti alle tradizioni locali.


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