VIII domenica del T.O. anno C

Sir 27,5.8 Sal 91 1Cor 15,54-58 Lc 6,39-45

In questa domenica, la Parola ci rivela i pensieri del nostro cuore, ci invita a pensare a noi stessi. Come? Ci chiede di essere in comunione con Dio, mettendo in pratica due verbi che ricorrono spesso nella Bibbia: ascoltare e vedere. Cioè ascoltare e vedere prima in noi stessi per poi capire gli altri, imparare a guardare i propri difetti e limiti prima di denunciare quelli degli altri, vivere la fede prima di domandarci se gli altri la vivono o seguono il Vangelo.

Ci chiede di tacere per imparare a parlare. Gesù afferma in Lc 6,45: “La bocca parla dalla pienezza del cuore”.

La fede ci dice che la Parola è Gesù e il Vangelo è la sua stessa persona. Paolo dirà: “Per me vivere è Cristo”. La Parola esce da Gesù, affascina, stupisce, mette a nudo e cambia le persone, guarisce le nostre parole, ci fa guardare la realtà senza costrizione, per imparare a viverci dentro in modo altro.

Noi dobbiamo lavorare molto nell’interiorità: “O Dio prendi il nulla che sono e dammi il tutto che sei”. Dobbiamo sforzarci di passare dalla critica all’autocritica, dal giudicare gli altri a guardare in noi stessi, ai nostri difetti, ai nostri limiti; al riconoscimento che posso dare una mano all’altro solamente perché prima è guarita la mia cecità. Guarderò così gli altri come sono guardata da Dio. Bisogna partire dall’ascolto nel profondo di noi stessi e dalla luce che illumina la Parola per vedere “l’essenziale invisibile agli occhi” (Saint-Exupery).

Perché guardo le debolezze dell’altro, mi faccio lupo per l’altro uomo? Perché prima del giudizio verso l’altro non ci chiediamo chi siamo noi?

I miei giudizi mi cambiano e se vedo un rivale nell’altro è perché il mio cuore è cattivo. Dio nella creazione vide che ogni cosa creata era buona e bella e che l’uomo era cosa molto buona e bella (Gen. 1,31) perché Lui è il molto buono e vede e giudica con i suoi occhi,

Gesù cerca la volontà del Padre. I suoi miracoli non sono espressione di potenza (dopo ogni segno invita alla riservatezza) ma di amore per l’uomo, perché possa essere liberato.

Abbiamo travisato il senso del Vangelo, pensiamo agli altri, non tanto per servirli e spenderci per loro ma solo per conquistarli alle nostre idee, per convertirli.

La Chiesa spesso ha cercato i sistemi persuasivi con l’intento sottile di “catturare” bambini, giovani, adulti che si sono sì aggregati, ma ha liberato le loro coscienze? Ha coltivato la loro fede o soltanto la loro religiosità?

Forse siamo superficiali perché scavare nel nostro io costa e non basta farlo una volta per tutte. Diceva Etty Hillesum: “Abbiamo una sorgente nel cuore che è coperta di sassi e non zampilla più”. Togliere i sassi che la coprono è fatica, anche perché vedremmo in noi ciò che non vogliamo vedere.

Nel Salmo si legge: “Nella vecchiaia daranno ancora frutti verdi e rigogliosi”. Io da “anziana” riesco a dare ancora frutti verdi e rigogliosi?

Il frutto non è per l’albero, è per gli altri. Il frutto deve diventare dono. Ho io un tesoro di frutti di speranza, di passione, di vita, di sorrisi da donare agli altri?

Valeria Ceschin


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