La Samaritana

Lidia Maggi

È una di quelle figure folgoranti che entrano solari nella scena e poi scompaiono, lasciando però una traccia indelebile: il quadro, dopo la sua presenza, non è più lo stesso. Parlo dell’apostola di Sichem, la samaritana (Gv 4). Non sappiamo il suo nome. Sappiamo, se vogliamo esprimerci in modo gentile, che è una donna dalla “vita affettiva creativa”. La sua importanza deriva dal fatto che sollecita Gesù a prendere atto di qualcosa che avviene nel momento stesso in cui lei pone una domanda.

Gesù è in viaggio dalla Giudea alla Galilea e bisogna che passi per la Samaria (è un bisogno non geografico, ma esistenziale). Si ferma a Sichem, al pozzo. È un viandante stanco, affaticato, che ha un bisogno: ha sete. Una donna all’ora sesta, a mezzogiorno, viene ad attingere l’acqua. Fa caldo. E quest’uomo le chiede da bere. La reazione della donna (Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?) ci chiarisce che si tratta di una donna consapevole del mondo e della realtà intorno a lei, della conflittualità politica e religiosa esistente tra i due popoli, ma anche della differenza di genere, che in quella cultura patriarcale ha un notevole peso.

A questo punto nasce un dialogo molto serrato: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: ” Dammi da bere!, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva», dice Gesù. Anche se a una prima lettura questa frase può sembrare: “Lei non sa chi sono io!” , in realtà il vangelo ci sta sollecitando a fare un percorso.

Ci troviamo in un luogo centrale per la vita di un villaggio: il pozzo è il luogo dove avvengono gli incontri, un luogo che nella tradizione biblica ha anche una carica erotica molto forte, sia perché è al pozzo che si combinavano i matrimoni, sia per la simbologia erotica che evoca: il pozzo profondo, il pozzo con l’acqua… Si crea una comunicazione su tanti piani, dove non si capisce chi e che cosa fraintenda.

Ad una lettura superficiale, potremmo dire che la samaritana fraintende totalmente la comunicazione di Gesù, ma in realtà l’evangelista Giovanni è più sottile. All’inizio sembra che parlino di acqua, poi ci si accorge che lui si riferisce ad altro, ma lei ha già posto il problema delle differenze: tra i due popoli, tra uomo e donna… E quando Gesù dice che le avrebbe potuto dare dell’acqua viva, lei gli fa notare che lui non ha neppure un secchio per attingere. Può sembrare un’osservazione da casalinga, ma è un’osservazione importante, sulla pragmaticità di quello che si annuncia.

Non rischiamo forse noi di annunciare un’acqua della vita che nulla ha a che fare con la vita quotidiana? Non rischiamo noi di usare il linguaggio del sacro senza scalfire per nulla l’ordinarietà della vita?

La samaritana pone queste domande perché è interessata ad un’acqua in grado di mutare l’ordinarietà della vita. Lei chiede a Gesù di quell’acqua per non dover andare tutti i giorni ad attingere, è l’osservazione di chi si chiede perché, nonostante l’annuncio della salvezza, il mondo non sia redento. Di chi si chiede perché, se la chiesa è un laboratorio del Regno, esista tanta oppressione all’interno della Chiesa. È come se la samaritana dicesse che non le interessa un’acqua della vita che non sia in grado di cambiare il suo quotidiano!

Noi rischiamo davvero di creare una dicotomia tra il linguaggio religioso, consolatorio e il linguaggio del quotidiano. Nella samaritana appare immediatamente quella passione per il mondo che già abbiamo notato in Maria. Il Signore ha creato il mondo, non la religione. Questa famosa frase ci deve ricordare che la chiesa è a servizio del mondo, che la fede ha a che fare con il mondo, che la salvezza non riguarda le anime, ma la persona umana nella sua interezza. Quando parliamo di resurrezione dei corpi, diciamo la concretezza.

E proprio perché la samaritana ha posto il problema di un’acqua che possa cambiare la sua vita, Gesù le dice di andare a chiamare suo marito, mettendo così a nudo la sua realtà esistenziale. “Se tu pretendi che quest’acqua cambi la tua vita, la devi mettere a nudo” le dice Gesù, marchiando così l’apostola di Sichem come la donna dalla “vita affettiva creativa”!


Lascia un commento