XXXI domenica del T.O. anno B

Dt 6,2-6 Sal 17 Eb 7,23-28 Mc 12,28-34


Non sei lontano dal regno di Dio”. C’è ancora un piccolo tratto di strada che va percorso per raggiungere quel regno dal quale ci separa una breve distanza. Il tratto di un cammino percorso non in solitudine, ma nella compagnia di chi, nel farsi vicino, elimina ogni lontananza.

Perché il regno è questa vicinanza che diventa prossimità alla storia e alla vita di ciascuno e che richiede capacità di ascolto. “Ascolta, Israele!” è la risposta di Gesù al dottore della legge che gli chiede qual è il primo comandamento. Il primo non riguarda Dio, ma l’ascolto. Senza l’ascolto neppure Dio è accessibile.

Ascoltare implica interazione tra due soggetti in una relazione che genera dialogo e confronto e senza la quale non c’è vita. L’ascolto, quindi, è la porta di accesso all’incontro con quell’unico Signore che spinge all’incontro con gli altri da amare come se stessi. Amare Dio e amare il prossimo camminano insieme percorrendo la vita dove sperimentiamo le fragilità e le fatiche di un’esistenza che va accolta e amata così, con i propri limiti.

Il dottore della legge non è lontano da tutto questo. “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità… vale più di tutti gli olocausti e sacrifici”. Una domanda posta, una risposta ascoltata, una dichiarazione che ha il sapore di una professione di fede. Con le sue parole il dottore della legge ha aperto un’esile breccia nella barriera fatta di prescrizioni, decreti, comandamenti da osservare e di sacrifici e olocausti da offrire a Dio.

Una breccia esile quanto un filamento d’erba, ma sufficiente per sgretolare ogni barriera che confina Dio dentro i recinti della morale e del sacro che presumono di soddisfare la fede. In realtà ogni incontro con Dio che non diventi anche apertura verso la vita dell’altro, rischia di soffocare e di spegnere la fede.

A quel tale che chiede cosa fare per ereditare la vita eterna, Gesù risponde: “Va’ vendi quello che hai, dà tutto ai poveri. Seguimi!”. Lasciare tutto un mondo che rassicura e mettersi in cammino su una strada che non si sa bene dove porti, è un rischio che non tutti siamo disposti a intraprendere. D’altro canto, così è anche la vita dove i conti non tornano mai e dove quello che accade non è sempre la conseguenza di causa ed effetti.

Eppure, la vita esige di andare e di non fermarsi. Di fronte al dolore e alla sofferenza che sbriciolano l’esistenza umana in tantissimi frammenti, non esiste la ricerca di un senso, ma solo la possibilità che qualcuno ne ascolti il grido e basta. Allora non mi serve sapere dove porti la strada che percorro, ma sapere che non sono da solo a percorrerla.

Questa vicinanza ci rende prossimi gli uni gli altri nella stessa misura di quello straniero che percorrendola stessa strada, si ferma, si china sulle ferite dell’uomo incappato nei briganti, lo cura e lo carica su di sé per affidarlo al locandiere (Lc 10, 25-37). Proprio questa vicinanza che non è fatta di leggi da osservare se non l’unica legge che è l’amore, né di offerte da elargire, se non il dono di sé, è l’unica via che elimina ogni distanza che ci separa dal regno.

Il dottore della legge non è distante, dice Gesù e a quelle parole segue il silenzio di chi non ha il coraggio di interrogare ancora. La vita ci interroga, la storia ci interroga, l’altro ci interroga e alle tante domande che nascono, molto spesso segue il silenzio di risposte che non abbiamo e non troveremo mai.

Forse ci manca il coraggio di interrogare e di lasciarci interrogare per la paura di non trovare le risposte che non esistono. Tuttavia, ciò che abbiamo è la possibilità di farci vicini e portare insieme le tante domande inevase, che Dio stesso porta con noi.

Vittorio Gnoato


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