IV domenica del T. O. anno B

Dt18,15-20 Sal 94 1Cor 7,32-35 Mc 1, 21-28

Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci?” È strano che proprio all’interno della sinagoga fosse ospitato un uomo posseduto da uno spirito impuro, viste le leggi che escludevano gli impuri dalla vita religiosa e sociale. Ogni buon ebreo doveva passare per il mikveh e purificarsi nelle acque di quel bagno rituale per poter varcare la soglia del tempio.  

È sorprendente che proprio nel luogo della Parola proclamata, si trovasse un uomo posseduto da uno spirito impuro. Sorprendente ma non strano perché in fondo la Parola abita anche gli abissi oscuri dell’esistenza. Dare parola a chi non ha voce è consegnargli la possibilità di affiorare dall’oscurità delle leggi senza compassione.

Non è dunque strano che proprio nel luogo della Parola trovi spazio quell’uomo che posso essere io, pur credente, e non gli altri. Perchè ciò che è “impuro”, ciò che non è degno di essere “ospitato”, non è fuori di me, negli altri, ma mi abita interiormente.

Se ingenuamente può sembrare possibile separare l’umanità in buoni e in cattivi, crescendo ci si rende conto che il bene e il male sono intrecciati come la luce del giorno che non è mai così ben separata dal buio della notte che si dilegua con le sfumate tonalità dell’aurora.

Allora forse non è poi così strano che nel luogo dove in giorno di Shabbat si proclama la Parola, trovi posto anche un uomo posseduto da uno spirito che annebbia la mente e acceca la vista. Un uomo dallo spirito impuro è presente in quella sinagoga dove Gesù insegna. Anche lui fa parte di quella comunità espressione di un corpo ecclesiale che ha bisogno di essere liberato da sguardi miopi che limitano l’orizzonte.

Che vuoi da noi Gesù Nazareno? Che vuoi da noi tu che ci chiedi di uscire dalla sacralità delle nostre conquiste per avventurarci nei territori non definiti dove la vita ci chiede parole e gesti di compassione. Sei venuto a rovinarci? Che vieni a fare? Mi sembra di sentire la voce del grande inquisitore nel romanzo di Dostoevskij!

Ci sentivamo a posto nell’assunzione di doveri da compiere e leggi da osservare. E invece arrivi tu e metti tutto sottosopra con il tuo insegnamento che non è quello di un notabile impassibile di fronte all’umano possibile. Tu insegni con l’autorità che nasce dalla compassione verso questa carne fragile e mortale bisognosa di essere accolta, custodita, curata con il balsamo dell’amore che non si arrende neppure di fronte alla morte, a qualsiasi morte.

Un insegnamento che nasce dalla sapienza che sa far sbocciare la speranza anche là dove sembrava impossibile. Un insegnamento che viene dal farsi carico della vita degli altri, anche dell’uomo posseduto che grida “sei venuto a rovinarci? Nessuna rovina nella Parola che sa quietare le tempeste che si agitano dentro di noi. “«Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui”.

Vittorio Gnoato


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