La parrocchia e il diritto canonico

Andrea Grillo

Da tempo sono convinto che per comprendere il ruolo del diritto canonico nella vita della Chiesa, e per correggere alcune esagerazioni che non sono poi così rare, si può far ricorso ad un paragone a prima vista troppo ardito: ossia una analogia automobilistica. Il vantaggio dell’esempio, con il quale vorrei introdurre il mio ragionamento, è che si presta bene ad una chiarificazione del ruolo del diritto rispetto alla “esperienza da disciplinare”.

Dunque iniziamo da un codice diverso da quello di diritto canonico. Ossia dal codice della strada. E’ evidente che nessuno in Italia, se vuole guidare l’automobile, può fare a meno di un riferimento strutturale alle norme del codice della strada. Guai se non conoscessimo le regole con cui il codice disciplina la “circolazione stradale”. Anzi, le “strade” sono diventate una “istituzione” grazie alla completa disciplina che ne regola l’uso da parte di tutti gli utenti (pedoni, ciclisti, motociclisti, automobilisti, camionisti…).

Ma è chiaro che nessuno chiederebbe al codice di chiarirgli che cosa deve farsene della bicicletta, dove potrà dirigere la sua pedalata, a quale spiaggia indirizzare l’automobile o verso quale montagna far salire la sua moto. Tutto questo è  chiaramente “fuori dal codice”, sta al di qua e al di là del codice e nessuno pretenderà mai che sia il codice a dirglielo. Non succede mai che si usi la macchina solo per applicare il codice!

Mutatis mutandis, anche il codice di diritto canonico ci permette di vedere disciplinata e ordinata la vita cristiana, ma esso non definisce mai in senso pieno né la fede, né la speranza, né la carità, ma neppure la parrocchia, il presbitero, il vescovo e neppure il papa.

Ne offre una preziosa disciplina, che trae dalla parola di Dio e dalla sapienza della Chiesa, e che solo in punti delicati e estremamente puntuali può essere definita “di diritto divino”. Ciò che della parrocchia sappiamo, e che abbiamo potuto vivere anche grazie alla mediazione del diritto canonico, ha in molte altre fonti la sua origine. Tali fonti, così importanti, nulla hanno di strettamente giuridico. Proprio qui, io credo, si dovrebbe aprire nella Chiesa, anche a livello ufficiale, una grande riflessione sulla parola “istituzione”, sul senso di questo grande termine, sul suo rapporto con la teologia, con la missione e con la mediazione giuridica. 


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