XVIII domenica del T.O. anno A

Is 55,1-3   –   Sal 144   –   Rm 8,35.37-39   –   Mt 14,13-21

L’accostamento può suonare irriverente ma l’invito di Isaia 55,1 “Voi che non avete denaro, venite, comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte” ricorda quello di un rozzo imbonitore “Venghino, signori, venghino!”, che decanta le qualità della sua merce e i prezzi strabilianti dei prodotti che vende.

I versetti di Isaia si spingono oltre: dichiarano, a chi è senza denaro, che senza denaro potrà comprare vino e latte. Come è possibile comprare senza denaro? A meno che non ci sia qualcuno disposto a farci credito, a darci ciò di cui abbiamo bisogno per vivere anche nella consapevolezza che non potremo onorare il debito. Siamo di fronte ad un’idea di economia decisamente estranea all’attuale sistema economico-finanziario.

Uno spunto “economico” è presente anche nel Vangelo di oggi, la prima moltiplicazione dei pani e dei pesci narrata da Matteo. Si è fatta sera, i discepoli sono preoccupati per la folla che ha seguito Gesù, il luogo dove si trovano è deserto, non c’è la possibilità di procurarsi da mangiare, quindi sollecitano Gesù a congedare i cinquemila uomini, le donne e i bambini presenti (chi li avrà contati?) perché vadano a comprarsi del cibo nei villaggi vicini.

Vengono in mente le cinque vergini sagge della parabola, quando suggeriscono alle cinque vergini stolte che hanno finito l’olio delle loro lampade di andare a comprarlo (Mt 25,9). Ma Gesù offre ai discepoli un’altra prospettiva, li invita a sfamare loro stessi le persone presenti.

Anche il Vangelo, come i versetti di Isaia, ci prospetta una logica che stride con le leggi economiche. Ma le logiche fondate sul dare e sull’avere, tanto dai tanto avrai, non funzionano con Dio (Is 55,8: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri”).

Tutti i cinquemila che hanno seguito Gesù, con le donne e i bambini, fatti sedere sull’erba (“Su pascoli erbosi mi fa riposare”, Sal 22,2a) sono saziati dai cinque pani e due pesci benedetti, spezzati da Gesù e poi affidati ai discepoli perché li distribuiscano. E ne avanzano pure dodici ceste: anche chi non è lì, presente, ha bisogno di essere sfamato, tutti hanno bisogno di pane: ”Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa e tu dai loro il cibo nel tempo opportuno” (Sal 144,15).

Certo, per essere sfamati bisogna essere consapevoli di avere fame e saper dire la propria fame, per essere dissetati bisogna avere sete e saper dire la propria sete. Liberandosi dall’idea – che pure ci è stata inculcata e che a nostra volta inculchiamo ad altri – che si riceve qualcosa se ci si è comportati in modo tale da meritarlo.

Perché si può comprare senza denaro pane, vino, latte, pesci, da chi ci fa credito senza guardare al nostro conto in banca, senza esigere garanzie: ”Tu apri la tua mano e sazi il desiderio di ogni vivente” (Sal 144,16).

E’ uno che ha aperto le sue mani, inchiodate ai bracci di una croce.

Enrica Salvato, Maristella e Marco Crisma


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