Pentecoste

Commento di Dario Vivian

Più che in una stanza, siamo in un non luogo. Un’apertura c’è, velata da un tendaggio rosso. Il vento che entra solleva la tenda e si vede uno spicchio di cielo.

Alla morte in croce di Gesù, quando consegna lo Spirito, si quarcia il velo del Tempio da cima a fondo. Lo stesso Spirito apre ora la comunicazione con ciò che sta fuori, rompendo l’isolamento dei personaggi rappresentati dentro.

Entra anche un fuoco, viene dalla città, dal mondo delle donne e degli uomini troppo spesso pensato come profano e invece abitato dalla Presenza. I Dodici, che siamo noi chiesa di ogni tempo, ricevono ciascuno una fiamma sul capo. Lo Spirito è dono dall’alto, ma anche realtà che anima la storia attraverso i segni dei tempi. Ciascuno è raggiunto in atteggiamento diverso.

Due, sullo sfondo, se ne stanno andando: tristi, come i discepoli di Emmaus? Uno è con i gomiti sul tavolo e la testa tra le mani, mentre il vicino lo scruta: rassegnato, pensoso, memore di aver tradito il Maestro come Pietro?

C’è chi guarda in su, si lascia interpellare da quella strana irruzione: velato timore, curiosità, apertura alla novità? Sono vestiti come noi, la scena è contemporanea, possiamo specchiarci in ognuno di questi atteggiamenti. Lo Spirito ci raggiunge dove siamo e come siamo. Lasciamo che soffi e arda su di noi e in noi.


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