Domenica delle Palme anno A

Is 50,4-7    Sal 21    Fil 2,6-11    Mt 26,14-27,66

Le Palme, una solennità liturgica,  un nome che ricorda il momento di maggior gloria terrena per Gesù: la sua salita al tempio di Gerusalemme, accompagnato da una folla festante che lo acclama come re di pace. Dovrebbe essere un giorno di festa, ma il vangelo proclamato in questa circostanza racconta tutt’altro.

La scena si apre infatti con il tradimento, la consegna di Gesù a coloro che pianificano la sua eliminazione. L’atmosfera  non è affatto di gioia o di serenità. Subito entra in scena il complotto. Il traditore, uno dei dodici, tesse la sua trama: Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?

Forse per questo, il racconto della passione è introdotto dalla preparazione e poi la celebrazione della Pasqua di Gesù con i discepoli. È la cena pasquale di Gesù, infatti, che ne offre la chiave di lettura. È il dono di sé per amore. Secondo il vangelo di Giovanni sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.

Gesù, li conosce bene,  come conosce bene ciascuno dei suoi, e mentre mangiavano disse: Uno di voi mi tradirà. Il traditore, ha la sfrontatezza di interrogare il maestro: Rabbì, sono forse io? La domanda ci appare subdola e meschina, e Gesù non si fa scrupolo di rispondergli per le rime: Tu l’hai detto.

Forse però la domanda è meno subdola di quello che sembra. Il traditore fatica a riconoscersi come tale, pensa di essere nel giusto. Quelle parole, uno di voi, senza nome, rimandano alla realtà di ciascuno. Coloro che ascoltano in ogni tempo e in ogni luogo sono interpellati, sono invitati a chiedersi: Rabbì sono forse io? A ciascuno la propria risposta in verità.

Ancora mentre mangiavano, la benedizione del pane diventa occasione perché il Signore espliciti il senso di ciò che sta per avvenire. Questo è il mio corpo… Questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti. E il per molti  di Matteo diventa, più esplicitamente per voi,  nel racconto di Luca. Nel per voi è incluso il traditore! E con lui ogni traditore.

In effetti, poco dopo Gesù annuncia a Pietro:  Prima che il gallo canti tu mi rinnegherai tre volte. A queste parole  Pietro, come capita ai discepoli dopo di lui,  imprudentemente dichiara: Anche se dovessi morire, io non ti rinnegherò. Saranno gli eventi successivi a smentirlo, Gesù non lo degna di risposta.

Tutto il racconto diventa sempre più drammatico, tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono. Tutti, senza eccezioni, a meno che non vogliamo considerare altrimenti  la scelta di Pietro che se ne sta seduto fuori  ripetendo per tre volte: Non  conosco quell’uomo.  Un crescendo fino alla morte di Gesù tra gli  insulti dei passanti, dei capi e degli anziani che lo sfidano facendosi beffe di lui: Ha salvato gli altri e non può salvare se stesso. Ha confidato in Dio, lui lo liberi se gli vuole bene.  Inoltre, secondo l’evangelista Matteo entrambi i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.

Siamo sconcertati, la festa si trasforma in tragedia.  A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra. Buio fuori e soprattutto dentro i discepoli di allora e di sempre. Un buio che ritorna troppo spesso: quando consegniamo Gesù ai suoi assassini per non rinunciare alle nostre sicurezze;  quando lo rinneghiamo evitando di prendere sul serio le sue parole; quando fuggiamo lontano da Lui abbandonandolo per seguire altri rabbì, meno esigenti e apparentemente più tolleranti; quando siamo incapaci di vegliare una sola ora con Lui.

Eppure il buio non è totale. Una luce si è levata. Nonostante tutto, e pur sapendo tutto, Gesù che non ritenne un privilegio l’essere come Dio, …svuotò se stesso. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e si è fatto uomo facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Ecco allora che per questo Dio lo esaltò e gli donò un nome che è al di sopra di ogni altro nome. La morte non ha l’ultima parola, non poteva averla vinta su di Lui.

Con fiducia anche noi, con il profeta Isaia, possiamo dire: il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato; per questo il Signore non mi abbandona, mi ha aperto l’orecchio perché io lo ascolti come i suoi – veri –discepoli.

E così nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è Signore”, a gloria di Dio Padre.

M. Gabriella De Gennaro Pellegrini


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