Scegliere quale ascolto dare

Andrea Grillo

È forse indice di “non democrazia”, o addirittura di “dispotismo”, affermare che qualcuno “non ha il diritto di essere ascoltato”?

In effetti, se guardiamo in faccia la condizione di una società democratica, in essa esiste un diritto universale di parola, garantito ad ogni cittadino, ma non esiste e non può esistere un diritto universale ad essere ascoltati. Anzi, proprio l’esercizio del “diritto di parola”, che nessuno può conculcare, determina la possibilità di “scegliere chi merita di essere ascoltato”.

Proviamo a dirlo “a contrario”: al diritto di parola di ognuno corrisponde il divieto di impedire la sua espressione. Invece all’eventuale “diritto di essere ascoltati” corrisponderebbe un “dovere di ascolto” che, appunto, non può essere previsto in modo universale, ma solo in casi specifici.

Così nessuno può permettersi di negare il diritto di parola a chiunque, anche ai peggiori populisti e sovranisti. Ma non arrendersi alla parola populista e sovranista, e in generale alle parole vuote e doppie, non concedere loro alcuno spazio nell’ambito dei nostri ascolti e della nostra cultura, è proprio la possibilità che nel breve testo sopra citato mi pare di trovare rappresentata in modo tanto corretto quanto lucido.

Il non ascolto non è gesto di intolleranza, ma di scelta su chi merita di essere ascoltato: questo non è affatto un gesto antidemocratico. Anzi, è la giusta resistenza allo svuotamento della democrazia. Possiamo dirlo in altri termini: sul piano politico, le parole vuote e false comunicazioni non hanno il diritto di essere ascoltate. Questo è il principio di ogni cultura politica degna di questo nome.


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