VIII domenica del T.O. anno C

Sir 27,5-8    Sal 91    1Cor 15,54-58    Lc 6, 39-45

Nella liturgia di oggi si parla della parola, come mezzo di comunione e di comunicazione, del suo valore, di come può essere usata, secondo quello che ,
abbiamo nel cuore, infatti, la prima lettura ci dice che è attraverso la parola che possiamo valutare il valore di una persona:

Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti;
così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti.
I vasi del ceramista li mette a prova la fornace,
così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo.

Il frutto dimostra come è coltivato l’albero,
così la parola rivela i pensieri del cuore.
Non lodare nessuno prima che abbia parlato,
poiché questa è la prova degli uomini”.

Ma, quante parole inutili si ascoltano, quante dichiarazioni gratuite quante, noi stessi, a volte ne diciamo, magari convinti di essere portatori di verità assolute. Purtroppo spesso le nostre sono parole vuote perché non partono dal cuore, sono parole non pensate, parole che partono dalla ragione ma non sono condivise dal sentire più profondo della nostra interiorità e perciò vane o addirittura false, o cattive quando sono dette per giudicare o condannare un fratello.

Perché le nostre siano parole vere e non chiacchiere vane devono essere frutto di riflessione, di silenzio interiore. Questo è possibile solo con l’ascolto della Parola per eccellenza, la Parola incarnata che è Gesù! Solo se sapremo metterci in cammino, in ascolto della “ buona novella” potremo noi stessi essere portatori di parole buone, saremo capaci di guardare prima in noi per tentare, almeno, di togliere la trave che c’è dentro di noi prima di giudicare gli altri.

Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.

Altrimenti saremmo come ciechi che credono di vedere, falsi profeti che predicano quello che non sanno mettere in pratica.

Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro”. Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda”.

Gesù ci chiama ad essere suoi discepoli, a vivere una vita abitata da Cristo per mezzo della fede, perché la nostra bocca possa esprimere quello che sovrabbonda dal nostro cuore e noi, sappiamo che possiamo riuscire ad essere veri discepoli, come dice san Paolo nella seconda lettura proprio grazie a Gesù, che con la sua venuta e la sua resurrezione ha rivestito il nostro corpo mortale di immortalità:

Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!
Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore”.

Il nostro cuore è pieno di gratitudine per te Padre buono, per la tuua Parola incarnata in un mondo spesso ostile che non sa riconoscerti ed ascoltarti , con le parole del salmo ti ringraziamo:

È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunciare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte.

Il giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio.

Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno verdi e rigogliosi,
per annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia: in lui non c’è malvagità.

Maria Scutari


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