Saper ascoltare (1)

Papa Francesco

Apertura del Sinodo dei giovani

Una Chiesa che non ascolta si mostra chiusa alla novità, chiusa alle sorprese di Dio, e non potrà risultare credibile, in particolare per i giovani, che inevitabilmente si allontaneranno anziché avvicinarsi. Usciamo da pregiudizi e stereotipi. Un primo passo nella direzione dell’ascolto è liberare le nostre menti e i nostri cuori da pregiudizi e stereotipi: quando pensiamo di sapere già chi è l’altro e che cosa vuole, allora facciamo davvero fatica ad ascoltarlo sul serio.

I rapporti tra le generazioni sono un terreno in cui pregiudizi e stereotipi attecchiscono con una facilità proverbiale, tanto che spesso nemmeno ce ne rendiamo conto. I giovani sono tentati di considerare gli adulti sorpassati; gli adulti sono tentati di ritenere i giovani inesperti, di sapere come sono e soprattutto come dovrebbero essere e comportarsi. Tutto questo può costituire un forte ostacolo al dialogo e all’incontro tra le generazioni.

La maggior parte dei presenti non appartiene alla generazione dei giovani, per cui è chiaro che dobbiamo fare attenzione soprattutto al rischio di parlare dei giovani a partire da categorie e schemi mentali ormai superati. Se sapremo evitare questo pericolo, allora contribuiremo a rendere possibile un’alleanza tra generazioni.

Gli adulti dovrebbero superare la tentazione di sottovalutare le capacità dei giovani e di giudicarli negativamente. Avevo letto una volta che la prima menzione di questo fatto risale al 3000 a.C. ed è stata trovata su un vaso di argilla dell’antica Babilonia, dove c’è scritto che la gioventù è immorale e che i giovani non sono in grado di salvare la cultura del popolo. È una vecchia tradizione di noi vecchi!

I giovani invece dovrebbero superare la tentazione di non prestare ascolto agli adulti e di considerare gli anziani “roba antica, passata e noiosa”, dimenticando che è stolto voler ricominciare sempre da zero come se la vita iniziasse solo con ciascuno di loro. In realtà, gli anziani, nonostante la loro fragilità fisica, rimangono sempre la memoria della nostra umanità, le radici della nostra società, il “polso” della nostra civiltà.

Disprezzarli, scaricarli, chiuderli in riserve isolate oppure snobbarli è indice di un cedimento alla mentalità del mondo che sta divorando le nostre case dall’interno. Trascurare il tesoro di esperienze che ogni generazione eredita e trasmette all’altra è un atto di autodistruzione.


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