Pane condiviso

Francesco Follo

La gente è attratta dalla potenza misericordiosa di Gesù che si preoccupa dei malati e li guarisce. Gesù, però, non è solo un guaritore; è il maestro: per questo sale sul monte, come Mosè che era salito sul Sinai per accogliere la legge del Signore per Israele. Tuttavia, Gesù non va sul monte per ricevere la parola di Dio, ma per donarla: è per questo che si mette sedere (nel testo originale in greco: si mette in cattedra), non tanto perché sia particolarmente stanco, ma perché questo è l’atteggiamento del maestro, che, quando insegna, sale, per così dire, in cattedra.

Del resto Gesù aveva già fatto così, quando aveva proclamato la “nuova legge” delle beatitudini: “Salì sul monte e si mise a sedere; poi prendendo la parola, cominciò a insegnare” (Mt 5,1). Sempre per quanto riguarda il brano evangelico di oggi, è utile mettere il  risalto l’annotazione temporale: era vicina la Pasqua. Quindi, siamo in primavera.

Questa indicazione temporale ci riporta all’indietro, alla grande storia dell’esodo, iniziata con il primo plenilunio di primavera di millenni fa, e ai tanti segni che Dio aveva operato con Mosè per la liberazione degli Ebrei e durante il loro cammino verso la Terra promessa. Ma il riferimento alla Pasqua ci spinge anche in avanti e anticipa simbolicamente il dono che Gesù farà del suo Corpo e del suo Sangue nell’ultima Cena.

Questo dono del Pane di Vita è da condividere come fu condiviso il pane moltiplicato da Gesù per dar da mangiare a quanti lo avevano seguito.

Il pane condiviso insegna l’attenzione all’altro e l’umiltà a non scartare nessuno, e a fidarsi di un Dio che si fida di noi e ci fa capaci di distribuire il pane a una folla numerosa.

Oltre  a prendere il Pane a noi donato e da noi condiviso mediante una vita caritatevole, rivolgiamo a Cristo questa preghiera: “Se desidero medicare le mie ferite, tu sei medico. Se brucio di febbre, tu sei la sorgente ristoratrice. Se sono oppresso dalla colpa, tu sei il perdono. Se ho bisogno di aiuto, tu sei la forza. Se temo la morte, tu sei la vita eterna. Se desidero il cielo, tu sei la vita. Se fuggo le tenebre, tu sei la luce. Se cerco il cibo, tu sei il nutrimento” (Sant’Ambrogio da Milano). Insomma, preghiamo Dio, “Padre nostro”, perché “ci dia il nostro pane quotidiano” del corpo e dello spirito.

Se è un miracolo dare da mangiare a migliaia di persone con un po’ di pane, è un miracolo ancora più grande dare il pane di verità, di gioia. Si tratta del Pane vero, del Pane della Verità da condividere con gli affamati di giustizia.

Il pane moltiplicato dal Chi nell’ultima Cena si farà Pane di Vita. Il grande miracolo non è quello di sfamare una folla, ma quello di mostrare la gloria di Dio rivelata in Gesù, Parola fatta carne, Verbo fatto cibo eucaristico per i cristiani. In effetti, il brano del vangelo di oggi racconta che Gesù prese i pani, rese grazie e li distri­buì: tre verbi che ci ricollegano a ogni Messa.

E mentre i discepoli lo distribuivano, il pane non veniva a mancare, e mentre passava di ma­no in mano, questo pane condiviso restava in ogni mano

 


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