XIII domenica del T.O. anno A

2Re 4,8-16    Sal 88    Rm 6,3-11    Mt 10,37-42

Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me. Non si tratta di guardarsi intorno per vedere chi risponde a queste esigenti caratteristiche, ma di guardarsi dentro, di scendere in profondità e accogliere questo invito a sviluppare il potenziale di umanità che è racchiuso in ciascuno che si fa discepolo.

Non si tratta di regole nuove da seguire, di imperativi morali cui obbedire, ma dello svelamento delle possibilità inedite per coloro che osano la sequela.

Chi accoglie voi accoglie me e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. E’ affermato il primato del rapporto con il Signore Gesù, come possibilità di orientamento e rinnovamento degli assi portanti della propria vita (croce), a partire dalle relazioni.

Bisogna entrare nel linguaggio biblico per capire la forza di trasformazione che la relazione con il Cristo imprime ad ogni altra relazione: con se stessi, con gli affetti più cari, con il contesto storico e ambientale in cui si vive. Ogni dimensione dell’esistenza ritrova un nuovo piano, un diverso orientamento, un peso e uno spessore originali.

L’esperienza della fecondità dell’accoglienza è splendidamente raccontata nell’affresco della prima lettura, dall’ospitalità della Sunammita nei confronti del profeta Eliseo. Ospitalità feconda, ospitalità che apre spazi e si trova ricompensata dal grembo gravido di vita insperata e inattesa.

La nuova relazionalità scaturita dal primato del rapporto vitale con il Signore Gesù, abilita ad uno sguardo nuovo sull’umanità, capace di riconoscere nel profeta, nel giusto, nel piccolo da accogliere, la presenza stessa di quel Dio che inabita stabilmente nel profondo di ogni discepolo che ha sperimentato la misura incalcolabile dell’amore.

Una dignità nuova è data a ciascun uomo e l’ospitalità accogliente è feconda di quella vita abbondante promessa a tutti coloro che ascoltano la voce di Colui che “ha dato la vita per me”.  Quello stupore è ricompensa senza fine.

Chi avrà dato anche un solo bicchiere d’acqua fresca ad uno di questi piccoli, perché mio discepolo, in verità vi dico, non perderà la sua ricompensa. Un mondo di piccoli attende accoglienza, profeti e giusti chiedono ospitalità in cuori e ventri che schiuderanno vie di pace e di giustizia.

Stupiti e grati, ci ritroviamo dentro la catena dell’ospitalità che ha la sua radice profonda e salda in “Colui che mi ha mandato” dice Figlio, il Padre di ogni amore, lo Spirito che rende feconda ogni vita.

Gigliola Tuggia


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