Tra il credere e il sapere

di Pierangelo Ruaro

Ora sappiamo che tu sai tutto…per questo crediamo che sei uscito da Dio (Gv 16, 29-33), dicono i discepoli a Gesù. Da una parte il loro entusiasmo dei discepoli, dall’altra Gesù spegne la loro eccitazione con un interrogativo che mette in luce la pochezza della loro fede: Adesso credete?…vi disperderete … e mi lascerete solo. La cosa interessante è che Gesù non contrappone la fede che i discepoli pretendono di avere all’incredulità o al dubbio, ma alla dispersione e alla solitudine.

Sarà il disperdersi ciascuno per conto suo a contraddire la loro fede o quanto meno a smascherarne la fragilità. A questa solitudine Gesù oppone la propria comunione con il Padre. Questo testo pertanto ci consente di approfondire quale sia la dinamica che deve contraddistinguere la nostra fede, perché sia un credere vero e non illusorio.

Nelle parole dei discepoli prevale il “sapere”: siccome Gesù parla apertamente, loro possono capire e sapere. Ma questo sapere non basta a fondare la vera fede che è su un piano diverso. In fondo questo era iò capitato con Nicodemo al quale Gesù aveva ricordato che la fede è essere rigenerati dall’alto, dall’acqua e dallo Spirito.

Gesù sposta l’attenzione dall’ambito del “sapere” a quello della “relazione”. Fede vera è consegnarsi a una relazione, appartenere a qualcuno, crescere e maturare nel respiro di una comunione. Non è un sapere la verità, ma entrare e dimorare nello spazio della verità, che è la comunione tra il Padre e il Figlio, nella quale lo Spirito conduce anche i discepoli.

Chiediamo dunque al Signore di accrescere la nostra fede. Di purificarla da ogni falsa pretesa e da ogni atteggiamento insincero. Di fondarla non su ciò che presumiamo di sapere, ma sulla verità della relazione con lui. A questo ci conduce lo Spirito che abbiamo ricevuto nel battesimo: alla verità della comunione con il Padre.


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