Educare è…suscitare la parola (seconda parte)

di Dario Vivian

Costruire l’interiorità

Mi permetto di citare un altro libretto di un monaco francese, F. Cassingena-Trévedy, non tradotto in italiano: Nazareth, casa del Libro. L’autore annota ad un certo punto: Attraverso il mistero dell’Annunciazione, Maria risplende come specchio della chiesa nel suo atto di intelligenza delle Scritture (Lc 24,45), cioè di ‘lettura-dentro’, di lettura nell’interiorità (intus-legere). Non basta infatti accostarsi alla parola di Dio, se non si viene progressivamente iniziati ad un ascolto e quindi una lettura che vada oltre l’approccio aneddotico, rimanendo alla superficie del testo. Ci sono livelli di parola che vanno maturati gradatamente, fino ad arrivare alla dimensione interiore o simbolica; che non va interpretata secondo il significato banale dell’aggettivo, quasi si opponesse a reale, bensì nel suo rinviare alla dimensione profonda, appunto interiore, di ciò che percepiamo. Ci può aiutare l’itinerario proposto dal vangelo di Giovanni, che articola i passaggi di fede attraverso la modulazione di differenti modi di usare gli occhi di fronte al segno, che è Gesù. C’è un guardare, c’è un vedere, c’è un contemplare; al punto che l’evangelo rovescia la comune constatazione: non vedere per credere, ma credere per vedere. Analogamente si può dire che abbiamo un livello di parola che rimane alla lettera del testo, c’è un livello che problematizza quanto il testo dice e non ha paura di metterlo in questione con dubbi e domande, c’è un livello che si apre alla comprensione interiore esistenziale nella quale si viene coinvolti: parla di me! Si passa dal fuori al dentro, non per svuotare la storicità degli eventi salvifici, ma per sperimentare che la storia della salvezza continua e si attua nell’oggi. Il processo è affidato allo Spirito, ma è necessario un accompagnamento che, partendo dalle Scritture, educhi alla Parola e mediante la Parola. Per fare questo non c’è bisogno di specialisti, anche se è sempre buono il ricorso al contributo esegetico degli studiosi di Bibbia. Ci vogliono educatori (genitori, catechisti, preti…), che abbiano sperimentato su se stessi  l’interiorizzazione della parola di Dio, facendo emergere gli interrogativi esistenziali e aprendosi al dono di senso che ultimamente la Parola dischiude. E’ l’esperienza dei due di Emmaus: Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture? (Lc 24,32).

Alfabeti che s’incontrano

E’ stata da più parti sottolineata la fecondità dell’intuizione proposta al convegno ecclesiale di Verona. Scegliendo di riflettere sugli ambiti di vita delle persone, si è prospettata una pastorale che faccia appunto della vita quotidiana il luogo di ascolto, di condivisione, di annuncio, di carità e di servizio. La Nota pastorale dell’episcopato italiano ha così sintetizzato l’elaborazione sugli ambiti, che hanno costituito il confronto dei gruppi: la vita quotidiana, alfabeto per comunicare il vangelo. Viene indicata una direzione, che dalla vita arriva alla Parola per poterla annunciare in situazione. Potremmo dire che si tratta di dare carne al vangelo, in modo da non cadere in spiritualismi astratti e lontani, ben diversi dalla concretezza biblica. Non dovrebbe infatti essere particolarmente difficile fare della vita quotidiana l’alfabeto per comunicare una Parola, che dalla vita è nata e della vita è impregnata. Le Scritture, infatti, sono tutt’altro che un testo formulato in linguaggio religioso; vivono di una dimensione di laicità così evidente, che finiscono per divenire scandalon (pietra d’inciampo) proprio per le anime pie. L’umano nella sua interezza, senza censure moralistiche, è assunto per comunicare il volto di un Dio, così implicato da essere Dio con noi. In questo senso ogni itinerario di Parola è anche necessariamente itinerario di umanizzazione e le parole esistenziali che usiamo nell’annuncio non solo lo rendono più vicino alla nostra esperienza, ma ne sono come trasfigurate; escono dal banale e dallo scontato e divengono più capaci di dire la verità di noi, degli altri, del mondo. Possiamo, a questo proposito, ricordare la tradizione ebraica: riferendosi al nome di Dio, espresso nel tetragramma sacro (quattro consonanti, dal momento che la lingua ebraica è senza vocali), afferma che spetta a noi mettere le vocali per renderlo pronunciabile. Del resto, le Scritture sono parola di Dio in parola d’uomo e lasciar fuori la vita rende l’annuncio ultimamente muto. Tuttavia ritengo che l’indicazione di Verona vada completata in modo reciproco: se la vita è alfabeto per dire il vangelo, anche il vangelo è alfabeto per dire la vita. Il cammino educativo, pertanto, deve sì suscitare parole che possano comunicare la Parola, ma dovrà pure offrire la Parola per esprimere quanto le parole non sanno o non possono dire. Di fronte al mistero della vita, nelle sue articolazioni, ci troviamo ad essere tutti infanti; chi susciterà in noi parole per dire l’amore e il dolore, la gioia e la disperazione, la nascita e la morte? Ricordiamo il famoso aforisma: di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere. Fosse vero, dovremmo tacere di ciò che ci interessa di più, dal momento che parole per dire quanto è misurabile le troviamo, mentre rischiamo di restare muti per ciò che conta. Lo ricordavo sopra, è un problema che tocca giovani e adulti. Ci ritroviamo con parole logore e logorate, incapaci di esprimere il cuore dell’esperienza umana. Mendichiamo dappertutto scampoli di senso, come pubblicitari continuamente in cerca dello slogan più originale, reso vecchio dallo slogan successivo. E se la parola di Dio ci fosse data proprio per dire in novità, in profondità, in verità quanto non sappiamo dire? In un recente romanzo, l’adolescente protagonista si entusiasma per la Vita Nova di Dante, presentatagli dal suo insegnante come un libro che cambia la vita. Il motivo? La scoperta fatta: E’ incredibile: uno del Medioevo che prova le stesse cose che provo io! Fosse così per gli adolescenti delle nostre comunità, alle prese con qualche racconto biblico, presentato loro da educatori cui la Bibbia ha cambiato la vita.

  1. A. Alves, Parole da mangiare, Ed. Qiqajon, Magnano (BI) 1998
  2. Cassingena-Trévedy, Nazareth, maison du Livre, Ad Solem Ed., Genève 2004
  3. e J. Lagarde, La Bibbia parola d’amore. Quando l’iniziazione cristiana guariva la parola, ISG-ElleDiCi, Vicenza-Leumann (TO) 200

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